I percorsi evolutivi che ciascuno di noi intraprende, nel corso della vita, costituiscono esperienze interiori, profonde esplorazioni verso la consapevolezza.
In chiave collettiva, queste esperienze si sommano e permettono di crescere assieme, oltre i limiti dell’individualità, ampliando così le opportunità che, da soli, sarebbero difficili da intravedere e mettere a fuoco.
Stesso discorso vale per le evoluzioni delle organizzazioni, dalle più semplici a quelle molto articolate e complesse, trattandosi di strutture e fatti umani, in quanto volute e consapevolmente create.
Più in generale, è la società che partecipa continuamente alla propria evoluzione e rinnovazione, alla stessa stregua di quanto accade alle cellule del nostro corpo: è naturale e inevitabile.
Il processo di sindacalizzazione, tuttora in atto, è, per l’appunto, una delle declinazioni dei percorsi evolutivi, in chiave individuale e collettiva, attraverso cui si sta assistendo a una trasformazione del modello rappresentativo del lavoro del personale con le stellette.
Alla base di ciò, tra l’altro, è individuabile un variare delle esigenze, del sentire, a cui il tempo ha risposto, com’è naturale che accada. Ci si accinge, dunque, ad assistere alla staffetta tra la rappresentanza militare e le associazioni sindacali militari.
Al di là di tutto, occorre riconoscere l’esperienza fondamentale e i risultati della prima rispetto al novello paradigma rappresentativo, anche perché sarebbe difficilmente immaginabile scindere nettamente le due entità, giacché entrambe fanno parte di un unico processo evolutivo, complesso e in divenire, ma, per certi versi anche abbastanza naturale e logico.
Con ogni probabilità, una delle principali motivazioni e, al tempo stesso, l’energia di attivazione che ha indotto un cambio di rotta, è l’opportunità di dotare il personale militare di strumenti rappresentativi del loro lavoro maggiormente confacenti alla realtà in continuo divenire e progressione.
Se da un lato, tale ragione è, in linea teorica, condivisibile, sarebbe, d’altro canto, utile allo stesso processo non cancellare con un colpo di spugna le origini di tale trasmutazione, così come anche i principi e i valori posti alla base delle organizzazioni militari e che ispirano l’agire e il comune sentire di chi indossa una divisa, in un più ampio equilibrio sociale.
Quindi, ben venga questa evoluzione del paradigma di rappresentatività professionale, ma perché ciò possa essere tale, in termini di dialogo, equilibrio, pesi e contrappesi, etc. è consigliabile, di tanto in tanto, voltarsi, anche solo considerando che il passato non è affatto da dimenticare, anzi, è condizione antecedente e necessaria di ogni percorso, contenitore di elementi concreti e definiti (in quanto storicizzati).
In prospettiva, le aspettative del personale sono crescenti e ciò deve fare ulteriormente riflettere sulla direzione che prenderà l’associazionismo professionale militare, guardando anche alle evoluzioni della società, senza tuttavia perdere di vista le proprie origini, principi e identità, poiché ogni processo evolutivo non coerentemente innestato e contestualizzato potrebbe risultare indebolito e vulnerabile, soprattutto nella fase embrionale, laddove, probabilmente, l’entusiasmo va a discapito della ricerca di una consapevolezza matura e utile alla causa.
D’altro canto, la libertà (sindacale) implica ontologicamente responsabilità.
*Socio fondatore SIAF impegnato da anni nella tutela del personale